Non è una missione che abbia “come obiettivo immediato la mediazione” fra le parti in guerra. A chiarirlo è stato il segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, a margine di un evento a Roma, domenica. “Cercare di togliere tutti gli ostacoli” per “arrivare a un cessate il fuoco e al negoziato”. Nella più che rigorosa riservatezza propria dell’agire diplomatico vaticano, Parolin aggiunge, un giorno dopo l’altro, tasselli utili a delineare i contorni della “missione” vaticana affidata al cardinale Matteo Zuppi pur sotto il controllo – “d’intesa” (sic) – con la Segreteria di stato. Parolin, eminente allievo della scuola casaroliana, è un realista e ammette che non si ha alcuna pretesa di “arrivare a creare le condizioni per la pace”. L’obiettivo è, per ora, quello di creare “un clima favorevole” affinché, in un futuro più o meno vicino, si possano porre le basi per qualcosa di più concreto. Il segretario di stato non a caso parla di “speranza”, lasciando intendere che la strada è più che mai stretta e che i canali di didalogo non è che si siano intensificati in quest’ultimo anno. Paradossalmente, ed è questo il punto che non pochi diplomatici vaticani hanno ben chiaro, l’azione della Santa Sede rischia di rendere ancora più evidente la distanza che sussiste – in questo momento – fra Roma e l’aggredito (Kyiv). E questo perché l’Ucraina non può accettare di cedere nulla sul terreno di…
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