Da ventitré anni sono la sua missione quotidiana. Proteggerle, studiarle, curarle. E raccontare al mondo perché le Caretta caretta siano un’icona della biodiversità dei nostri mari. Di più: una cartina di tornasole. “Ingoiano i nostri rifiuti, scambiando la plastica per meduse, e restano ferite dall’impatto con le imbarcazioni, a volte irreversibilmente”, spiega. Sandra Hochscheid è la donna delle tartarughe marine: origini tedesche (è nata a Mühlheim an der Ruhr, vicino Düsseldorf), napoletana d’adozione, lavora al Turtle Point della Stazione Zoologica Anton Dohrn, a Portici.
Qui, nei 600 metri quadrati di un insolito ospedale per rettili nato nel 2017 – ironia della sorte – al posto del vecchio macello comunale e dotato oggi di ambulatori chirurgici e radiologici, arrivano Caretta caretta da tutto il Tirreno. “Spesso – racconta la biologa, responsabile scientifica del progetto sulla conservazione e ricerca di Tartarughe Marine in Campania – sono malconce, in alcuni casi siamo costretti ad amputare un arto, come accaduto a Bagigi, un esemplare di tre anni che era rimasto imbrigliato in cordami e rifiuti galleggianti, che abbiamo liberato nel mare di Ischia lo scorso giugno. Ma il bicchiere è mezzo pieno, perché sta crescendo la sensibilità ambientale del grande pubblico e perché, in attesa di un censimento di valore scientifico, abbiamo percezione di un incremento numerico delle popolazioni di tartarughe marine nei nostri mari”.

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