L’Olimpia e Armani ritirano la maglia dell’uomo che ha segnato la storia del club e del basket. L’esordio in America, gli anni in Cile, il difficile impatto con l’Italia. Ripercorrere la sua carriera per celebrarlo
Lassù c’è qualcuno che ama il basket. Non c’è altro motivo per spiegare perché abbia deciso di creare nello stesso giorno, mese e anno un uomo e una squadra e poi li abbia fatti incontrare per scrivere pagine memorabili. C’è chi nasce sotto il segno dei Pesci come in una canzone di Antonello Venditti e chi nasce sotto il segno dell’Olimpia come Dan Peterson. Sono venuti al mondo il 9 gennaio 1936 e 36 è il numero della maglia che salirà verso il cielo del Forum nell’intervallo della partita con la Reyer Venezia. È l’omaggio dell’Olimpia Milano al coach del grande slam del 1987, molto più di un coach a dire il vero. Milano, oggi griffata Armani, ha deciso di ritirare simbolicamente la sua maglia, un onore concesso a pochi, a Sandro Gamba, Mike D’Antoni, Dino Meneghin e Art Kenney. Tutta gente che a Milano ha giocato, vinto e soprattutto “sputato sangue” come chiedeva Dan Peterson alle sue squadre. Non è un caso se due delle maglie appese al tetto della palestra secondaria del Forum a vegliare sugli allenamenti delle nuove scarpette rosse, quelle di Meneghin e D’Antoni, siano di giocatori dell’epoca di Dan Peterson, uomini simbolo di quell’Olimpia che dominava in Italia e in Europa.
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