Gli occhi della dama sono tondi e acuti come puntaspilli, non v’è dubbio che famigliari e contemporanei l’avrebbero riconosciuta da quelli, anche senza tutto il resto intorno. Hayez ci sapeva fare. Però rimane l’impressione, furtiva, che quel “tutto il resto” per Hayez contasse eccome, e non solo il nome: Sarah Louise Strachan Ruffo di Motta e Bagnara, vale a dire la famiglia committente, gente da haute couture; ma soprattutto l’abito, quelle ampie trine e balze color perla, quello scialle nero abbandonato sul rosso della spalliera. E i boccoli alla moda romantica. Sarebbe stato sufficiente l’abito, anche senza il nome, per varcare la porta dell’arte e della storia. La moda e l’arte, non il nome. Maria Antonietta “en Gaulle” la riconosciamo comunque, anche prima di rivederla condotta al patibolo in una vestina candida che sa già di Direttorio (dettare stile anche dalla ghigliottina, voilà). Ma dietro l’inchino dei pennelli di Élisabeth-Louise Vigée Le Brun, viene naturale pensare che se ci ricordiamo di quel ritratto è per il cappello di paglia piumato di tortora (ma non lo aveva già indossato Madame du Barry?), per l’abito bianco di tulle, per i fiori ton sur ton e per quel nuovo modo di portare i capelli. E’ questo che varca il tempo, molto più del nome di una regina. E il volto di quella signora già autunnale, “all’uscita del labirinto”, potrebbe nemmeno esserci, così come non è tramandato il nome. Resta…
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