Il sarto ebreo è un topos talmente imperituro nella letteratura occidentale (Manischewitz dell’”Angelo Levine” di Malamud, lo Schwartz di Asimov e naturalmente “il nonno Schlomo” delle barzellette) che non stupisce affatto ritrovarne l’elaborazione nell’opera di un artista cresciuto in Uruguay, paese di immigrazione, melting pot plurisecolare, rifugio per profughi di ogni persecuzione e qualunque disgrazia. Troverete sempre meno sarti a Tel Aviv, ma nel continente americano questa figura, e il suo portato valoriale hanno ancora un significato profondo, al punto che il ministero dell’istruzione e della cultura dell’Uruguay ha dedicato il proprio…
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