Il rischio c’è. Che la capitale economica e finanziaria del paese, diventata l’epicentro degli eventi e del turismo (grazie anche alla terapia delle week a tema, ideata da Beppe Sala), alla lunga finisca per scontentare chi a Milano invece ci vive. E, spesso, ha l’impressione che il conto del turista-non fai da te lo paghi lui. Le prime avvisaglie si sono fatte sentire col boom degli affitti brevi che ha raggiunto quota 18 mila e che pervade interi quartieri (Brera, Ticinese, Porta Venezia) allontanando famiglie e studenti fuori sede. Al punto che il Comune – con l’assessore Pierfrancesco Maran – ha sentito il bisogno di invocare una legge (tipo Venezia) per limitarne l’espansione: e del resto una legge “anti Airbnb” assai punitiva è appena entrata in vigore a New York: non esattamente un piccolo borgo da tutelare. Ma è fuori discussione che – mentre il resto del paese, città d’arte “globali” a parte, lamenta un calo del turismo – questa estate Milano sia riuscita a marcare il punto, con performance dell’industria di tutto rispetto. Qualcuno dirà che è un male?
Ieri Beppe Sala ha commentato: “Milano vorrebbe fare una cosa simile a quella di New York, e cioè di lavorare sul numero di giornate e poi sul numero di appartamenti”. E inoltre: “E’ un po’ eclatante, però tra il bianco e il nero bisogna trovare il grigio giusto. Non si possono avere 20 mila appartamenti dedicati agli affitti brevi: la…
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