“Halston, Gucci, Fiorucci/he’s the greatest dancer”, cantavano le Sister Sledge nei Settanta. E il marchio che per primo trovò spazio in una discoteca, lo Studio 54, risorge con i mezzi della famiglia Bertarelli ma lo stesso metodo demo-colto del “jet set per tutti”. Come racconta il nuovo ceo Alessandro Pisani
Piccola premessa glottologica: nel linguaggio della moda il participio presente si porta molto. La sfilata spettacolare è “impattante”, una gonna a ruota “danzante”, un tessuto compatto “scattante”, il post del content creator (mai più chiamarli influencer!) “ingaggiante”, ovvero atto a scatenare una reazione che sia un commento, un like, una condivisione sui social, una risposta positiva a dare una sbirciatina al sito di ecommerce. È così che quando Alessandro Pisani, amministratore delegato del marchio Fiorucci rilevato da Dona Bertarelli, sorella di Ernesto, due volte vincitore della Coppa America, imprenditrice e filantropa naturalizzata svizzera, ripete per la terza volta e con una certa gravità che rilanciare il marchio italiano è un’impresa “sfidante”, sorge empatica la domanda se questa resurrezione stilistica sia un’operazione degna di così tanto impegno. In poche parole: ne valeva davvero la pena? E lui, epifanizzato sullo schermo via Zoom con un’allure quasi mistica – capo rasato, occhio indagatore, t-shirt oversize bianca – finalmente sorride e risponde che è esattamente quel che si è…
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