Da tempo la premier chiede “dedizione e disciplina” ai suoi deputati e senatori, che però continuano a commettere errori. Come tre giorni fa, quando la maggioranza è andata di nuovo sotto in commissione Lavoro alla Camera
Martedì sera, in una sala di Palazzo Brancaccio, nel corso della cena tra ministri e parlamentari di Fratelli d’Italia di ritorno dalle ferie estive, ecco che Marco Silvestroni, senatore del Lazio, si avvicina alla premier. “Giorgia, Giorgia, facciamoci una foto ti prego. Non ho nemmeno una foto con te”. E lei, la presidente del Consiglio, in un lampo: “E non ti sei mai chiesto il motivo?”. La battuta non era certo contro il povero Silvestroni, e aveva anzi un tono simpatico, spiritoso. Persino amichevole. Tuttavia l’ironia, si sa, appartiene al campo della comunicazione obliqua. E Meloni da tempo osserva i suoi deputati e senatori come il proprietario di una scuderia da corsa rimira con benevolenza, non esente da ansia, un serraglio di puledri che non hanno ancora dimostrato di cosa sono capaci: un giorno realizzeranno forse le speranze riposte in loro, tranne che non si rompano una zampa al primo ostacolo mandando in infermeria il fantino e facendo anche fallire l’intera scuderia.
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