Ripudiata l’intesa con la Francia imbastita da Draghi. Snobbata la proposta di Spagna e Olanda. E poi gli attacchi a Gentiloni e alla Cammissione. A Bruxelles nessuno sa bene cosa vuole Meloni sulle regole fiscali, a parte cose impossibili
Parafrasando Meloni che parafrasa Giambruno, verrebbe da dire, se non fosse sgradevole, che il governo, nella trattativa sul Patto di stabilità, rischia di “mettersi nella condizione di consentire ad altri paesi di fare quello che vorrebbero fare”. E insomma di subire un trattamento non troppo piacevole. Perché non c’è solo la freddezza con la Francia. Il problema è che, anche volendo, comprendere le intenzioni dell’Italia è semplicemente impossibile. D’altronde, un governo che nella fase decisiva di un negoziato delicato decide di attaccare il commissario europeo del proprio paese non dimostra esattamente fermezza d’intenti. A meno che il tutto non vada interpretato come suggerisce il ministro Francesco Lollobrigida, secondo cui proprio nel sollecitare anzitutto il proprio rappresentante nelle istituzioni europee si fa sfoggio di determinazione. “D’altronde Paolo Gentiloni è un aristocratico nel blasone come nello spirito: non può che perseguire la via del giusto. E la presidente Meloni questo mi pare abbia esortato a fare”.
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