Yahidne, dalla nostra inviata. C’è la storia degli edifici distrutti dalla violenza russa e ci sono le storie delle persone che vivono in questi edifici: la distruzione si moltiplica e non c’è una formula per quantificarla. Poi ci sono degli edifici che sembrano soltanto abbandonati: non vedi il danno, ma la sproporzione dell’aggressione russa è nelle storie dei sopravvissuti, scritta sui muri. Come la scuola in fondo a sinistra, dopo la casa bruciata, a Yahidne, nella cintura intorno alla città di Chernihiv, a nord di Kyiv. Sul cancello ad accoglierci c’è Ivan, un abbraccio a ciascuno, qualche ora prima è arrivato qui Antony Blinken, sorride e ci chiede se stiamo bene. E’ la prima volta che questo signore “dai troppi anni” (sono 63), gli occhi azzurri e le mani grandi da contadino, mi fa commuovere. Lo farà poco dopo, prima di entrare nel sotterraneo della scuola dove lui e altre 367 persone sono state tenute chiuse dai soldati russi per 27 giorni, nel marzo del 2022, in una cantina senza finestre. “Attenzione al muro basso e al gradino, non fatevi male”, dice Ivan con quella cura che hanno tutti qui, come a proteggere chi non è ucraino dall’orrore riservato agli ucraini.
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